redditest è uno strumento di autodiagnosi che va compilato
volontariamente e non vi è nessun obbligo o selezione. Non vi è dubbio
che lo strumento per rideterminare il reddito dei contribuenti che hanno
un tenore di vita elevato, è l’accertamento sintetico”. A pochi giorni
dalla presentazione ufficiale del Redditest, Maurizio Leo, Presidente
Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria della
Camera dei Deputati, analizza i punti di forza e di debolezza del nuovo
strumento.
Sul
redditometro si sono create molte aspettative e qualche timore; in
particolare che lo strumento possa incidere sullo stile di vita degli
italiani. Qualcuno ha anche teorizzato che lo strumento possa portare
un’ulteriore spinta alla contrazione della domanda interna. Qual è la
sua opinione al riguardo?
Oggi l’accertamento sintetico si
divide in due tipologie: c.d. “puro” e da “redditometro”. Attraverso il
redditometro l’Agenzia confronta il reddito dichiarato con un reddito
stimato in base ad alcuni indicatori di ricchezza. Il principio alla
base è che non può trascurarsi la capacità di spesa (il c.d. tenore di
vita) quale elemento da considerare nella comparazione tra il reddito
dichiarato e una stima della capacità contributiva. Nell’ambito del
redditometro, i dati utilizzati sono già in possesso
dell’Amministrazione Finanziaria che attinge all’Anagrafe Tributaria e
ai dati generali dell’ISTAT. Infine, il redditometro è uno strumento di
accertamento sintetico utilizzabile solo con determinate soglie di
scostamento tra reddito dichiarato e reddito stimato dall’Ufficio (20%
dal 2009, 25% prima) e consiste in una presunzione legale relativa, alla
quale, cioè, il contribuente può fornire la prova contraria in sede di
contraddittorio.
Il redditometro è uno strumento di accertamento e
come tale non dovrebbe comportare un effetto immediato di contrazione
dei consumi i quali si stanno riducendo, invece, per effetto della
recessione e dalla crisi economica.
L’Agenzia delle Entrate
guarda al Redditest come ad una cartina di tornasole, per individuare le
persone fisiche che verranno selezionate per il c.d. redditometro.
L’obiettivo è quello di stimolare i contribuenti all’adempimento
spontaneo (compliance). Ritiene che questa modalità di procedere sia
efficace ed efficiente in termini di recupero dell’evasione?
Tra
la compilazione del Redditest e la selezione dei contribuenti per il
redditometro non c’è alcun automatismo, né i dati inseriti nel software sono utilizzati dall’Amministrazione Finanziaria (come affermato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera)
Più che recupero (diretto) dell’evasione, l’obiettivo principale è quello di creare una tax compliance
tra Fisco e contribuenti, per fare in modo che il contribuente stesso,
quando nota uno scostamento tra reddito dichiarato e ammontare della
spesa, valuti la possibilità di “adeguarsi”. In questo senso si può
parlare di recupero, indiretto, di imponibili altrimenti sottratti a
tassazione.
Il Redditest è costruito facendo una elaborazione
statistica dei dati su consumi e risparmi, già in possesso dell’anagrafe
tributaria. La costruzione è stata fatta sulla base delle 11 tipologie
di famiglie divise per cinque aree territoriali del Paese: sud, centro,
nord est, nord ovest ed isole. Quali sono secondo lei i punti di forza
ed i punti di debolezza di uno strumento così costruito?
Credo
che il meccanismo alla base del Redditest possa ritenersi convincente
perché nell’analisi delle spese delle famiglie è necessario distinguere
anche in relazione all’area geografica. Pertanto, il meccanismo adottato
fotografa meglio la coerenza del reddito dichiarato con elementi di
spesa che si diversificano nelle diverse aree territoriali. Tra i punti
di debolezza di questo strumento si rileva l’ingente massa di dati da
inserire che, richiedendo la rilevazione da documenti, possono essere di
difficile reperimento per il contribuente.
Come valuta la natura della risposta che il Redditest restituisce al contribuente?
La
risposta attraverso un indicatore di massima (il colore rosso o verde),
riflette proprio la natura del Redditest, che non è uno strumento di
analisi puntuale ma che, funzionando per grandezze approssimate,
restituisce come risposta solo la presenza di una posizione “a rischio”
derivante degli scostamenti tra spese sostenute e reddito dichiarato. Al
contrario, il redditometro, che è uno strumento per l’accertamento di
eventuali maggiori redditi non dichiarati, deve determinare, in maniera
puntuale, il quantum che l’Agenzia delle Entrate, previo contraddittorio con il contribuente, intende riprendere a tassazione.
Una
volta che il contribuente è selezionato con il Redditest, si pone il
problema di individuare lo strumento più adeguato per effettuare
l’eventuale accertamento. L’Agenzia delle Entrate sembra orientata a
dire che in questi casi lo strumento che verrà usato è, nella sostanza,
sempre l’accertamento sintetico, ossia il redditometro. Ritiene
condivisibile questa impostazione?
Il redditest è uno
strumento di autodiagnosi che va compilato volontariamente e non vi è
nessun obbligo o selezione. Non vi è dubbio che lo strumento per
rideterminare il reddito dei contribuenti che hanno un tenore di vita
elevato, è l’accertamento sintetico.
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