Cassazione Civile, sentenza del 26 febbraio 2013
La Sezione A – commercialisti dell’Albo unico è riservata a chi, dopo
la laurea, ha sostenuto l’esame di Stato, all’esito del tirocinio. Lo ha
precisato la Suprema Corte di Cassazione – Terza Sezione Civile, con la
sentenza n. 4796/13, pubblicata ieri.
Il caso.
Il giudizio ha riguardato un ragioniere commercialista, che a seguito
del conseguimento della laurea specialistica in Economia ed
Organizzazione Aziendale ha chiesto, senza successo, prima al competente
Ordine territoriale e poi al Consiglio Nazionale il riconoscimento del
titolo di dottore commercialista.
La distinzione.
In relazione all’unica censura mossa dal ricorrente, gli Ermellini
hanno premesso che la soppressione, a far data dal 1° gennaio 2008,
degli Ordini dei dottori commercialisti e dei Collegi dei ragionieri e
periti commerciali e la creazione, al loro posto, di unico ordine
territoriale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a
opera dell’art. 58 del decreto legislativo n. 139 del 2005, non ha
affatto eliminato la distinzione tra i ragionieri commercialisti e i
dottori commercialisti né, coerentemente, quella dei requisiti di
accesso all’una o all’altra categoria.
Laurea, tirocinio ed esame.
L’Albo, ancorché unico, è diviso in due Sezioni, denominate
rispettivamente, Sezione A – commercialisti e Sezione B – Esperti
contabili e, per l’iscrizione alla Sezione A – commercialisti “è
necessario – osserva la Corte – non solo il possesso di una laurea
magistrale in scienza dell’economia o in scienze economiche aziendali,
oppure altra equipollente, ma il superamento dell’esame di Stato per
l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore
commercialista”, all’esito del compimento del periodo di tirocinio. È
vero – prosegue la Corte – “che il quarto comma dell’art. 61 (ndr. del
D.Lgs. 139/2005), nel regolamentare il passaggio dal vecchio al nuovo
sistema, ha previsto l’iscrizione di coloro che alla data del 31
dicembre 2007 fossero inseriti nell’albo dei dottori commercialisti o in
quello dei ragionieri e periti commerciali, nella Sezione A
commercialisti dell’Albo, ma gli effetti che il ricorrente pretende
trarre da tale iscrizione – e cioè la possibilità di avvalersi del
titolo di dottore commercialista in ragione del conseguimento di un
titolo di laurea astrattamente abilitante, senza avere sostenuto e
superato il relativo esame di Stato – sono smentiti dalle disposizioni
contenute dagli altri commi dell’art. 61 e sono, in ogni caso, distonici
rispetto al sistema”. In particolare, “è sufficiente considerare che i
due capoversi successivi della norma transitoria, precisano: a) che
l’iscrizione avviene con l’indicazione, relativamente a ciascun
professionista, di tutti i contenuti previsti dal comma 6 dell’articolo
34, tra i quali, è bene rimarcarlo, vi è il titolo professionale e di
studio posto a base dell’iscrizione (quinto comma); b) che agli iscritti
nella Sezione A, già iscritti nell’albo dei dottori commercialisti
spetta il titolo di ‘dottore commercialista’, mentre agli iscritti
nell’albo dei ragionieri e periti commerciali spetta il titolo di
‘ragioniere commercialista’ (sesto comma)”.
Non basta una laurea.
Insomma, a giudizio della Suprema Corte, anche nel regime transitorio,
che ha previsto l’iscrizione nella Sezione A dell’Albo sia dei dottori
commercialisti che dei ragionieri e periti commerciali, “resta ferma la
distinzione tra le due categorie professionali e nulla autorizza a
ritenere che per avvalersi del titolo di dottore commercialista sia
necessario e sufficiente il solo conseguimento di una laurea
magistrale”. Alla luce di tale affermazione di principio, gli Ermellini
hanno respinto il ricorso.