• RISCHIO PENALE PER LA SCHEDA CARBURANTE “SCORETTA”

    06 Novembre / Senza categoria

    La scheda carburante
    rappresenta, tanto per le imprese quanto per i professionisti, lo
    strumento necessario per poter documentare l’acquisto di carburante per
    beneficiare della deducibilità del relativo costo ai
    fini delle imposte dirette e per usufruire, ove possibile, del diritto
    alla detrazione dell’IVA assolta all’acquisto. La disciplina generale è
    contenuta nel DPR n. 444/1997 (che ha apportato rilevanti novità sia in
    termini di informazioni aggiuntive che di informazioni non più
    necessarie) ed il suo contenuto è stato oggetto di primi chiarimenti da
    parte dell’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 205 del 12 agosto 1998 (ancora oggi riferimento principale di prassi in materia).
    Sul tema della corretta compilazione della scheda carburante, si è da tempo consolidato un filone giurisprudenziale piuttosto rigoroso, che afferma l’irrilevanza fiscale del documento laddove lo stesso non presenti le indicazioni richieste dalla normativa in materia.
    Sul
    punto, con la Nota prot. n. 183 del 26 ottobre scorso, la SNA
    (Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazione), nell’intento di
    sensibilizzare i propri iscritti sul corretto utilizzo della scheda
    carburante, offre un’interessante sintesi dell’attuale
    posizione giurisprudenziale in materia. In particolare, con riferimento
    ai contenuti obbligatori della scheda, viene ricordato che:
    – in relazione agli estremi di individuazione del veicolo, la Cassazione, con la sentenza n. 21769
    del 9 novembre 2005, ha stabilito che affinché – ai fini fiscali –
    possano essere riconosciuti i costi per l’acquisto del carburante, è
    necessario che le schede contengano sempre anche il numero della targa.
    Tale elemento – anche se non espressamente richiamato dalla norma –
    rappresenta secondo i giudici la garanzia dell’identità del veicolo
    effettivamente rifornito e l’effettiva riferibilità del relativo costo
    all’attività di impresa. Detta interpretazione è stata successivamente
    confermata dai giudici della Suprema Corte con la sentenza 19820 del 18 luglio 2008;
    – in relazione all’apposizione della firma di convalida sulla scheda carburante da parte dell’esercente, la Cassazione, con la sentenza n. 21941 del 19 ottobre 2007, ha stabilito che – ai fini del riconoscimento della detrazione IVA –
    è necessaria la presenza della firma sul documento. In assenza di tale
    firma, infatti, la scheda carburante (pur in presenza di tutti gli altri
    elementi) non è comunque in grado di assolvere alla finalità prevista
    dalla legge e, quindi, la detrazione dell’IVA annotata su tale documento
    verrebbe negata.
    Ancora, sul tema dell’indicazione nella scheda del chilometraggio percorso dall’autovettura
    (dato richiesto unicamente per le imprese e non per coloro che
    producono reddito di lavoro autonomo) la C.T. Prov. Reggio Emilia, con
    la sentenza 9/01/11,
    ha validato l’operato dell’Ufficio affermando che la scheda carburante
    che non riporti il numero dei chilometri percorsi alla fine del mese o
    del trimestre comporta l’indeducibilità dei relativi costi. In senso conforme si è espressa anche la Cassazione, con sentenza 18 febbraio 2011 n. 3947.
    Sul versante penale, invece, viene richiamata la recente sentenza della terza sezione penale della Corte di Cassazione, la n. 912,
    depositata il 13 gennaio 2012, nella quale si afferma che il
    contribuente che “gonfia” le schede carburante al fine di evadere le
    imposte sui redditi e l’IVA è penalmente responsabile del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, reato che comporta la reclusione da 18 mesi a 6 anni.
    Dalla responsabilità penale non parrebbe, infine, restare indenne nemmeno quel commercialista che, per colmare le disattenzioni del proprio cliente, provvede a “completare” le sue schede carburanti prima della
    registrazione in contabilità: l’art. 11 del DL n. 201/2011 assimila,
    infatti, la produzione di documenti falsi, ovvero le risposte non
    veritiere all’Amministrazione finanziaria, ai casi di falsità nelle
    autocertificazioni. Le condotte penalmente perseguite dovrebbero quindi
    essere due: esibizione o trasmissione di atti o documenti falsi e
    comunicazione di dati e notizie non rispondenti al vero.
    Circa la
    prima ipotesi, chi emette o utilizza fatture per operazioni inesistenti
    potrebbe rispondere del nuovo reato per il solo fatto di averle esibite
    e/o trasmesse all’Amministrazione finanziaria. Dunque, chiunque rilascia dichiarazioni mendaci,
    forma atti falsi o ne fa uso è punito ai sensi del codice penale e
    delle leggi speciali in materia. Si tratterebbe, nella maggior parte dei
    casi, di ipotesi di falsità punite con la reclusione, al massimo, fino a
    tre anni.
    Un quadro, quello in precedenza delineato, che impone all’utilizzatore della scheda carburante la massima attenzione nella sua compilazione.

    http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_399418.aspx

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